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Gli scritti di San Francesco di Franco Cardini

Credits Ansa

Vorremmo tanto sapere come scriveva, Francesco. Certo, di lui ci resta qualche prova autografa: ma nella stragrande maggioranza i "suoi scritti" sono in realtà dettati a un qualche segretario ("Frate Leone, scrivi..."), e quelli latini sono frutto di traduzione. Un po' di latino doveva saperlo, se non altro quello delle Scritture, ma non c'è da credere che si arrischiasse a scriverlo.

E perché avrebbe dovuto, poi, perizia grafica e condizioni di salute a parte? Tra XII e XIII secolo lo scrivere era considerato una funzione servile o un'attività altamente specialistica, o entrambe le cose insieme. Ma Francesco non era né un amanuense, né uno studioso, né un notaio, né un mercante, tutte categorie che in un modo o nell'altro sono tenute a scrivere direttamente. Gli scritti fondamentali e più noti di Francesco sono la Chartula nota come "Benedizione a frate Leone", sicuramente autografa; il Cantico delle Creature (detto anche di Frate Sole), in volgare umbro; le due Regole, la non bullata (cioè non approvata dal Papa) del 1221 e la bullata del '23, che - per quanto sia arduo esprimersi su materia così delicata - esprimono la prima il suo effettivo progetto, la seconda un faticoso compromesso che a mio (e non solo a mio) avviso non dovette lasciarlo soddisfatto, ma al quale si sottomise “per santa obbedienza”; i due Testamenti in latino, il "minore" senese e il "maggiore" assisano. Questi sono i testi fondamentali, dai quali bisogna partire anche per costruire un racconto biografico, se non addirittura “autobiografico” del Poverello di Assisi.

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